Mostre Consigliate
Federico Barocci (1535-1612). L’incanto del colore. Una lezione per due secoli
Apre al pubblico l’ 11 ottobre 2009 a Siena, Complesso Museale Santa Maria della Scala, la mostra dedicata a Federico Barocci (1535-1612), maestro urbinate la cui fama nel Cinquecento si diffuse oltre che in Italia anche in Spagna, Boemia, Baviera e nelle Fiandre. Trentaquattro le opere in esposizione: tra queste, dopo il recente restauro, la Deposizione del Duomo di Perugia e il Perdono di Assisi dalla chiesa di San Francesco a Urbino. La mostra, a cura di Claudio Pizzorusso e Alessandra Giannotti, resterà aperta fino al 10 gennaio 2010.
L’evento senese vuole essere un omaggio all’importanza che l’arte di Federico Barocci ha assunto nello sviluppo della civiltà artistica italiana ed europea dal Cinquecento al Settecento. Poche sono le aree dell’Italia pittorica che in questo periodo non hanno risentito del fascino del Barocci, tramite le opere inviate a Roma, Perugia, Loreto, Arezzo, Genova, tramite la diffusione delle stampe di sua mano o di altri importanti incisori, e tramite la circolazione collezionistica dei suoi disegni.
Un’ampia parte della mostra è, pertanto, dedicata a quegli artisti che in varia misura e in vario modo, con fedele adesione o con maggiore autonomia, hanno trovato in Barocci una fonte di ispirazione: non solo artisti a lui contemporanei o di poco successivi, come Annibale, Ludovico e Agostino Carracci, Lodovico Cigoli, Bernardo Strozzi, Guido Reni, Pietro da Cortona, fino a Rubens e Van Dyck, ma anche coloro che, a maggior distanza di tempo e di cultura, ne hanno raccolto il messaggio, tra cui Giuseppe Maria Crespi, Rosalba Carriera, Jean-Antoine Watteau, Jean-Honoré Fragonard. Una particolare sezione è dedicata ai pittori senesi Francesco Vanni, Ventura Salimbeni, Alessandro Casolani, Rutilio Manetti, che hanno fornito una freschissima rilettura del maestro, contribuendo non poco alla divulgazione della sua fama.
Accompagna l’esposizione un catalogo edito da Silvana Editoriale.
La mostra è promossa da: Comune di Siena – Complesso Museale Santa Maria della Scala, Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico per le province di Siena e Grosseto, Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici delle Marche, Università per Stranieri di Siena e Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
Ai Crinali della Storia
l Comitato Promotore delle Celebrazioni del IV Centenario di Padre Matteo Ricci (Diocesi di Macerata – Comune e Provincia di Macerata – Regione Marche – Università di Macerata) in collaborazione con i Musei Vaticani, la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù e la Pontificia Università Gregoriana presentano presso il Braccio di Carlo Magno, nella Città del Vaticano: “AI CRINALI DELLA STORIA. P. MATTEO RICCI (1552-1610) FRA ROMA E PECHINO”, dal 30 ottobre al 24 gennaio 2010.
La rassegna, composta da più di 150 opere e organizzata in cinque sezioni, vuole celebrare e ricordare i 400 anni della morte di Matteo Ricci, il Padre gesuita morto a Pechino l’11 maggio 1610, l’unico occidentale sepolto a Pechino.
La mostra, curata dal Prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, vede il contributo del Comitato Scientifico composto dal Prof. Giovanni Morello, Presidente della Fondazione per i Beni e le Attività Artistiche della Chiesa; Padre Giuseppe Bellucci, Direttore dell’Ufficio Stampa della Compagnia di Gesù; Mons. Roberto Zagnoli, già Direttore del Museo Missionario Etnologico, Monumenti Musei e Gallerie Pontificie; Padre Nicola Mapelli, Direttore del Museo Missionario Etnologico, Musei e Gallerie Pontificie; Dott.ssa Maria Luisa Giorgi, Storico dell’arte, Direttore Coordinatore, Museo Nazionale d’Arte Orientale; Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata – Tolentino - Recanati – Cingoli - Treia; Prof.ssa Elisabetta Corsi, “Sapienza” Università degli Studi di Roma; Prof. Nicolas Standaert, s.j., Katholieke Universiteit Leuven; Prof. Eugenio Menegon, Boston University; Prof. Riccardo Scartezzini, Università degli Studi di Trento; Prof. Michel Masson, s.j., Direttore dell’Istituto Ricci di Parigi; Dott. Aldo Caterino, Direttore del Centro M. Martini di Trento.
Matteo Ricci nasce a Macerata il 6 ottobre 1552, nella città marchigiana compie il suo percorso di studi dai Gesuiti. Si trasferisce a Roma per seguire gli studi giuridici presso l’Università “La Sapienza”, ma dopo due anni abbandona gli studi per entrare nella Compagnia di Gesù. A testimonianza del percorso intrapreso dal giovane Matteo un emozionante documento visibile in mostra: il verbale dell’esame per l’ammissione nel Noviziato, in cui il giovane si impegna, tra l’altro, “a fare quanto dall’obbedienza li sarà ordinato”.
LA MOSTRA
L’allestimento dell’intero percorso espositivo, così come gli apparati e le scenografie, sono curati dal Maestro Pier Luigi Pizzi. La cura dei dettagli degli impianti scenici esalta la bellezza e il fascino delle opere, come nel caso della grande tela di Peter Paul Rubens raffigurante un miracolo di Sant’Ignazio che egli colloca su di un altare romano, finemente riprodotto.
MATTEO RICCI: DA MACERATA A ROMA è la sezione che apre la mostra. Sono proprio i ritratti dei pontefici che accompagnarono la vita del gesuita marchigiano a identificare la tappa romana. Da Pio V, il santo pontefice che promosse la grande alleanza tra le potenze cattoliche e rese possibile la vittoria di Lepanto, ricordata in mostra dalla celebre tela di Paolo Veronese, fino a Paolo V, che nel 1610, faceva completare la facciata della nuova Basilica Vaticana.
La seconda parte della mostra LA COMPAGNIA DI GESU’ E LE MISSIONI IN ORIENTE ricorda la fondazione dell’Ordine dei Gesuiti. Di notevole fascino il dipinto proveniente dalla Chiesa del Gesù a Roma e i ritratti dei due santi, Ignazio e Francesco Saverio, già attribuiti alla scuola di Van Dyck.
UNA GENERAZIONE DI GIGANTI: L’OPERA SCIENTIFICA E GEOGRAFICA DEI GESUITI è la sezione che raccoglie l’interesse per la scienza di Padre Matteo Ricci, disciplina che a Pechino gli aprirà le porte della Città Proibita. Questa parte della rassegna è documentata da una eccezionale raccolta di strumenti scientifici, provenienti da diversi musei e collezioni, tra cui l’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze ed una raccolta privata aretina, a testimonianza di un eccezionale spaccato sulla tecnologia astronomica e di misurazione del tempo che Matteo Ricci introdusse in Cina, accanto a una raccolta di antiche raffigurazione e mappe della Cina.
Al piano superiore del Braccio di Carlo Magno la mostra prosegue con LA CINA AL TEMPO DI PADRE MATTEO RICCI. All’interno di questa sezione di particolare importanza risulta la matrice lignea, in caratteri cinesi, spedita da Matteo Ricci come bozza di una lettera che Sisto V avrebbe dovuto inviare all’imperatore cinese, oggi conservata nella Bibliothèque Nationale di Parigi.
In questa stessa sezione sono esposte diverse opere autografe e testi stampati dallo stesso Matteo Ricci in Cina, a dimostrazione del grande sforzo ed impegno di scambi e di incontri che segnò l’inizio di un nuovo modello di evangelizzazione iniziato dal padre gesuita e proseguito dai suoi successori.
EREDITA’ RELIGIOSA E CULTURALE DI PADRE MATTEO RICCI è il tema dell’ultima sezione. Una eredità che giunta sino a noi, chiamata inculturazione, cioè comprensione e la recezione di usi e tradizioni delle comunità indigene nell’opera di evangelizzazione. Vi sono esposti diversi rotoli moderni con immagini religiose e piatti in ceramica con scene della Passione di Cristo, oggetti liturgici e testi religiosi.
Per l’occasione sarà presentato anche il catalogo della mostra a cura del Prof. Paolucci e del Prof. Giovanni Morello – edito dalla Umberto Allemandi & Co.
Ricostruire la storia dell'arte attraverso la grafica
Le sale espositive di palazzo Poli a Fontana di Trevi ospiteranno a Roma, dal 1 aprile al 15 giugno, una mostra di disegni raccolti alla fine del seicento dal padre oratoriano Sebastiano Resta nel volume Libro d'Arabeschi conservato nella biblioteca comunale di Palermo. Il vomune è stato ritrovato 10 anni fa garantendo il più significativo contributo recente alla storia del collezionismo di grafica del seicento in Italia. Costituito da 292 disegni e 15 stampi, il codice di Palermo è stato identificato grazie alle note vergate a penna in margine ai fogli. La mostra è curata da Simonetta Prosperi Valenti Rodinò e da Fabio Fiorani.
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